Il Capitano Francesco De Gregori in una memoria della figlia Anna
di Rita Mascialino
Nel febbraio scorso, dopo la presentazione della ristampa del libro La Resistenza dei Cattolici in Friuli (1943-45) (LaNuovaBaseEditrice LNB, Udine) nella Sala del Consiglio Provinciale di Udine, chiesi alla figlia del Capitano Francesco De Gregori ‘Bolla’, signora Anna, di concedermi l’onore di pubblicare una fotografia inedita di suo padre, uno dei grandi personaggi storici del Friuli e dell’Italia, e di volermi raccontare un episodio pure inedito dei suoi ricordi relativi alla sua vita con il padre, fotografia e memoria che avrei pubblicato in esclusiva nel mio sito www.ritamascialino.com. Anna De Gregori mi accolse nella casa di Udine in cui abita a tutt’oggi la madre, signora Clelia Clocchiatti vedova De Gregori, e dopo aver parlato con me degli eventi trascorsi mi concesse in esclusiva sia una fotografia inedita del padre sia un ricordo autobiografico pure inedito. La fotografia era purtroppo molto scura. Io la presi comunque ripromettendomi di farla schiarire sufficientemente per una buona resa nella pubblicazione. Ciò non fu possibile, per cui dopo vari tentativi falliti chiesi nuovamente il permesso di fotografare direttamente la grande, bellissima e chiara immagine incorniciata sotto vetro e appesa nel soggiorno, corrispondente alla fotografia riuscita troppo scura. La fotografia ritrae Francesco De Gregori in montagna, nel Friuli Orientale, poco prima di essere ucciso alle Malghe di Porzûs assieme all’avamposto da lui capeggiato della Brigata Osoppo, definita “leggendaria” dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel suo discorso tenuto al Municipio di Faedis il 29 maggio del 2012 (La Resistenza dei Cattolici in Friuli 1943-45, 232), leggendaria e degna quindi di fare parte della storia delle grandi gesta di un popolo. La fotografia lo rappresenta in un’espressione grave, drammatica, che testimonia dei sentimenti che albergavano nel consapevole cuore del Capitano. Venendo all’episodio autobiografico che mi aspettavo dalla signora Anna, essa mi disse con profonda amarezza che non aveva più o meno nessun ricordo data l’età infantile in cui aveva perso suo padre, a meno di quattro anni, così piccola era quando rimase orfana. Mi regalò tuttavia, così mi comunicò, l’unico e solo ricordo che era rimasto nella sua memoria piccina, un ricordo non raccontato a nessuno fino a quel momento e che io ascoltai con interesse ed emozione – se la storia è la vita della memoria e maestra di vita deve ricercare e trasmettere la verità dei fatti e con essa la verità delle persone protagoniste dei fatti o partecipi comunque di essi, delle loro più vere motivazioni, ciò in cui consiste precipuamente il suo insegnamento, e la memoria inedita fornita da Anna De Gregori riguardante la personalità del suo grande padre si inserisce nell’angolazione accennata.
Nel 1945 il Capitano ‘Bolla’ trascorse in famiglia qualche piccolo momento di una domenica nella casa di Via Cividale situata nei pressi del passaggio a livello. Durante il pranzo si annunciò in lontananza il treno. Francesco De Gregori allora si alzò improvvisamente da tavola e prese in braccio la piccola portandola velocemente verso la finestra perché vedesse passare il treno fischiante, quel treno che proveniva dai monti in cui stazionava egli stesso a capo dell’avamposto osovano che sarebbe stato sterminato di lì a poco assieme a lui. Il treno passò rumoroso andando via lontano ed il Capitano allora tornò a tavola, prese un bicchiere d’acqua per la figlioletta, vi versò una goccia di vino rosso e le diede la bevanda. Questo l’episodio ricordato dalla figlia, l’unico, un semplice quanto raro attimo degli affetti familiari riguardante suo padre, l’unico, narrato con contenuta passione.
Credo valga la pena di delineare l’aspetto semantico del gesto di Francesco De Gregori a livello simbolico, poiché di gesto a forte impronta simbolica si è trattato. In quel gesto, che restò nella memoria della piccola e la cui simbologia inconscia tanto mi colpì quando lo sentii raccontare, Francesco De Gregori agì d’impulso, in una di quelle azioni dettate molto direttamente appunto dal più simbolico inconscio quando esso rivela le previsioni ed i sentimenti più profondi che restano chiusi alle parole in quanto repressi e rimossi dalla sfera della consapevolezza essendo non piacevoli e che si esprimono comunque irrefrenabilmente quando stimolati violentemente in comportamenti a prima vista spesso inspiegabili. E l’amore per la figlia e la consapevolezza di dover forse o molto certamente rinunciare a vederla crescere e ad amarla per tanti anni fu la stimolazione violenta che fece agire il padre. Il Capitano De Gregori diede alla figlioletta, l’ultima nata dopo il fratellino, la pesante eredità del sacrificio cruento che si sarebbe presto verificato come egli presagiva per sé. Versò il vino simbolo del proprio sangue sacrificale nel bicchiere facendolo bere alla piccola perché se ne ricordasse per sempre, perché ricordasse per sempre il sacrificio di suo padre di cui poco altro poteva trattenere nella sua memoria, perché tenesse nel suo cuore una testimonianza indelebile del suo amore e dell’evento che glielo avrebbe tolto. Un gesto che richiama immediatamente ciò che accadde in un’ultima famosa cena occorsa agli albori dell’era cristiana, ma che nel suo scheletro semantico risale a tempi che si perdono molto più indietro ancora, nella notte dei tempi, nella più oscura preistoria, quando veniva sacrificato l’animale totemico di cui tutti gli appartenenti al clan, si potevano ed anzi dovevano cibare per rafforzare l’appartenenza al gruppo, per avere in sé lo spirito dell’animale che tale gruppo rappresentava, le sue qualità psicofisiche. Fu come se Francesco De Gregori, che presentiva ormai la fine vicina come dalle sue lettere in cui chiedeva rinforzi al CLNAI, quei rinforzi che non gli giunsero, avesse voluto, con l’autorità dell’inconscio per gli eventi tragici incombenti e non più eludibili, farsi ricordare dalla figlia facendole bere il suo sangue in sua memoria. Il treno sceso dai monti del confine orientale del Friuli non si fermò a Cividale, se ne andò via da casa De Gregori così come se ne sarebbe andato il Capitano senza più potersi fermare come membro vivente in seno alla sua famiglia. La visione di un treno che se ne va lontano, la goccia di vino rosso come simbolo del sangue sacrificale, questo l’unico ricordo di Anna De Gregori, una memoria comunque che le è rimasta viva proprio come il padre aveva voluto nel suo impeto disperato che rimase impresso nella mente bambina di sua figlia tanta era l’intensità emotiva del sentimento con cui l’azione fu espressa da suo padre.
Così nell’interpretazione di questo unico ricordo rimasto finora inedito della figlia di Francesco De Gregori, il celebre Capitano ‘Bolla’ dell’avamposto osovano alle Malghe di Porzûs.