I genitori del serial killer tedesco Adolf Seefeldt  scarica

di

Rita Mascialino

A proposito di coloro che commettono omicidi e violenze fisiche, per la grande maggioranza maschi – non adopero qui il termine “uomini” in quanto è ambiguo indicando esso sia i soli maschi sia maschi e femmine, uomini e donne –, è il caso di evidenziare un problema che contribuisce per buona parte a formare la base che funge da differenza fondamentale tra le persone socialmente positive e quelle socialmente negative fino alla più grave pericolosità sociale. Il problema in questione riguarda la cosiddetta coscienza o Super-Ego e si riferisce ad un ancora molto attivo luogo comune: l’opinione che l’assenza o la precarietà della coscienza siano un fattore che contraddistingua tout cour un soggetto o l’altro per natura, per indole, magari per genetica ed eredità, opinione che attribuisce tutti i mali all’influsso della società intesa in senso generale, come media, come cultura, senza che eventuali cause e concause siano da ascriversi ai genitori per i quali vale ancora l’arcaico pregiudizio del comandamento divino o ebraico “onora il padre e la madre”. Come se i genitori, solo per il fatto di essere genitori, dovessero essere onorati dai figli senza doversi meritare gli onori. In ogni caso, l’attribuire per così dire la colpa della degenerazione della personalità dei singoli individui alla società come entità astratta, non individuata in nessun senso o avente un volto secondo le varie opportunità, addossa tale degenerazione al nulla, al non individuato. Allora si dà la colpa ora ai film violenti, ora alle discoteche considerate luoghi di perdizione, alla droga, all’alcol e chi più ne ha più ne metta, tutti colpevoli non imputabili in nessun processo penale, fantasmi inafferrabili per così dire. Resta il dato di fatto che i piccoli non si rovinano per loro volontà e vengono rovinati da altri, da specifici altri e non da fantasmi. Poiché la rovina della personalità e quindi della vita dei piccoli e dei futuri adulti è un delitto, un crimine bello e buono e dei peggiori, anche se questo ancora non è riconosciuto esplicitamente nel codice penale e dovrà essere riconosciuto o prima o poi, occorre comunque individuare i colpevoli, onde saper fornire i rimedi più consoni. La tesi qui sostenuta è che i colpevoli principali, non unici ma senz’altro principali, della degenerazione della personalità dei giovani siano il papà e la mamma o chi per loro. I genitori sono coloro che educano e formano, consapevolmente o inconsapevolmente, con il loro esempio corredato o meno da insegnamenti espliciti, i loro figli nei primissimi anni del loro sviluppo, gli anni chiave, fondanti, quelli in cui viene disegnato lo scheletro indelebile della personalità nei piccoli. L’influsso della società intesa come mondo esterno alla famiglia, in cui il bambino cresce, esiste come non è possibile altrimenti, ma per così dire viene dopo l’azione educativa, positiva o negativa che sia, della famiglia stessa, dei genitori o di chi ne fa le veci. In altri termini: l’influsso della società si fa sentire in base a quanto i genitori hanno dato e danno ai loro figli quanto a educazione e formazione nei primi anni di vita soprattutto, quando i piccoli ancora nulla possono razionalmente contro gli insegnamenti eventualmente cattivi che essi non distinguono ancora da quelli buoni, assimilando questi e quelli più o meno indifferentemente, anche più o meno passivamente, spesso del tutto inconsciamente. Un insegnamento, un esempio di comportamento non positivo vengono da esso introiettati dal piccolo a sua insaputa negli schemi spaziali che il cervello produce per adattarsi alla realtà (Mascialino 1997 e segg.) e mostreranno i loro frutti speciali nella preadolescenza identificando la pianta realmente seminata dai genitori al di là delle loro millantate intenzioni che nessuno dovrebbe neppure menzionare tanto inutili sono tali sciocche menzogne – ciò che conta è la semina, non la predica, sono i semi che individuano la pianta alla crescita, non le prediche che si possono o meno accompagnare alle semine. Dunque il comportamento genitoriale quanto ad educazione e formazione dei figli si strutturerà in tratto identitario della personalità che il piccolo, volente o nolente, si troverà addosso per sempre e che la farà comunque da tiranno sulle buone intenzioni che anche il giovane e l’uomo potessero avere rendendogli in ogni caso difficile la vita. Questo danno inferto da genitori irresponsabili e incapaci di formare i figli in modo positivo non è inevitabile e va pertanto evitato ponendo i genitori in situazione di non nuocere ai figli – non basta avere una relazione sessuale per trasformarsi in genitori capaci di educare i figli e di non nuocere loro per la vita. Occorre formare nei genitori obbligatoriamente la coscienza genitoriale, informandoli su come gestire l’educazione e la formazione della personalità dei loro figli per il meglio, inserendo nell’orario scolastico lezioni specifiche e serie, non basate sul buon cuore di ciascuno o sulle buone intenzioni di cui è lastricata la via per l’inferno, bensì basate su oggettive e solide conoscenze psicologiche, pedagogiche, sul piano umano in generale. Se questo non potrà impedire che vi siano tuttavia ancora genitori irresponsabili, ridurrà di molto e comunque ridurrà il danno per i giovani, per la loro intera vita, per la società tutta.

Come esempio all’ingrandimento della tesi citata, prendiamo qui la personalità del serial tedesco degli anni Venti/Trenta del Novecento Adolf Seefeldt, denominato Sandmann o uomo della sabbia, quello che secondo la leggenda tedesca fa dormire i bambini, ribelli e non, spargendo sabbia nei loro occhietti che a causa di ciò si chiudono nel sonno – per dire la verità un sonno provocato con qualche fastidio. Seefeldt ipnotizzava i malcapitati fanciulli nei freddi boschi della Germania settentrionale in un sonno dal quale essi non si svegliavano più assiderando nei rigori del clima nordico.

Veniamo dunque alla causa principale tra le altre – di cui pure accenneremo – a monte della personalità del nostro uomo. In un giudizio molto superficiale dei fatti si potrebbe ritenere che il fanciullo Adolf Seefeldt sia stato rovinato dall’esterno, per così dire dalla società. Di fatto alcuni uomini adulti ne abusarono sessualmente insegnandogli, anzitempo e su un piano ovviamente staccato dai sentimenti positivi, i piaceri del sesso attraverso la masturbazione ed il sesso orale, ciò con tutte le conseguenze del caso sulla personalità del fanciullo Adolf Seefeldt. Sarebbe quindi l’ambiente esterno alla famiglia il responsabile principale del fatto che Seefeldt concupisse in seguito i fanciulli e ne abusasse nei boschi lasciandoli morire per assideramento. L’esperienza subita da Seefeldt all’età di circa undici/dodici anni venne ricordata volentieri, almeno sul piano conscio, dal futuro assassino come l’unica cosa bella della sua tremenda vita all’epoca. Ci si potrebbe chiedere, che senso avesse mai avuto allora fare morire i fanciulli di cui abusava con masturbazioni e rapporti orali e quant’altro di simile, se l’esperienza era stata tanto bella. In altri termini: se a lui piacque tanto l’esperienza di cui fu grato ai due uomini, perché fare in modo che morissero i fanciulli che egli iniziava alla pratica appunto tanto bella? Perché non potessero parlare rivelando l’accaduto e le loro famiglie lo denunciassero, recita la risposta più ovvia e come tale più superficiale. Certo questo era vero, ma se Seefeldt non voleva essere denunciato dai genitori dei fanciulli, ciò significava che era conscio del fatto che l’abuso dei piccoli non fosse cosa tanto bella come voleva ritenere. Il punto è proprio questo: i genitori. Questi bambini avevano dei genitori che si curavano di loro, come Seefeldt deduceva dal fatto che fossero ben vestiti, bene educati, appunto che fossero curati dal padre e dalla madre, i quali ultimi avrebbero immediatamente avviato la caccia contro di lui perché finisse in carcere o al patibolo. Ma Adolf Seefeldt non aveva avuto una famiglia che si fosse curata di lui: il padre era alcolizzato, la madre era una donna per così dire di facili costumi e anch’essa priva di senso di responsabilità, la quale se ne andò abbandonando i suoi figli. La nuova donna del padre era anch’essa adatta come la precedente a vivere con un alcolizzato, una donna per definire la quale durante gli interrogatori Seefeldt adoperò l’aggettivo blöd, che tra l’altro significa “imbecille”, “tonto”, non intelligente. In tutto i fratelli di Adolf Seefeldt erano otto, un numero grande per uno spazio piccolo come quello messo a disposizione dalla baracca del padre. Seefeldt crebbe senza cura alcuna di nessuno, in uno spazio stretto, invivibile, con esempi genitoriali solo negativi. Quando fu sedotto dai due adulti, Seefeldt era già stato rovinato dai suoi genitori, perciò altro non poté che cadere nella rete dei due disgraziati. Si potrebbe obiettare che i fanciulli che Seefeld sedusse erano tutti fanciulli di buona famiglia e che quindi la famiglia non c’entri nulla nella rovina dei figli. Seefeldt si presentava come un buon uomo, faceva dei regali ai ragazzini, prometteva loro di far vedere animali nel bosco vicino o altro di simile, li ingannava facendosi passare per un loro amico, soprattutto usava la sua forza di convincimento, identificata da lui stesso e successivamente dagli esperti come ipnosi. Convinceva con la forza del pensiero, portava i ragazzi via con sé, ne abusava grazie alla sua capacità ipnotica, li faceva addormentare e li abbandonava nella fredda notte del Nord. Nessuno si poté mai svegliare da quel sonno e la morte giunse senza che dovesse essere usata vera e propria violenza fisica sul corpo dei fanciulli. Seefeldt, riconosciuto colpevole e reo confesso anche alla fine, fu condannato a morte e decapitato dai nazisti. Poiché egli durante gli interrogatori dichiarò che, quando il desiderio sessuale verso i piccoli iniziava a prendere corpo nella sua mente, egli non aveva più la capacità di tornare indietro, molti ritennero e ritengono che non potesse essere imputabile, mancando della forza di volontà adatta a fargli superare la spinta sessuale, come se la mancanza della forza di volontà valesse di per sé a rendere non imputabili e come se il desiderio sessuale fosse qualcosa cui i maschi non potessero e non possano mai sottrarsi, come se la vita sociale non fosse trapuntata di leggi per limitare i delitti, di giusti divieti e obblighi di tutti i generi, ai quali i cittadini non fossero in grado di ottemperare. Certo c'è chi crede di farla franca e di poter aggirare leggi e indagini, ma la realtà è altra o almeno è spesso altra. I giudici nazisti avevano ritenuto che Adolf Seefeldt avrebbe potuto fare fronte al suo desiderio sessuale se solo avesse voluto viste anche in aggiunta le sue capacità ipnotiche che poteva usare su di sé e non solo sugli altri. Lo considerarono del tutto in grado di intendere e di volere e lo mandarono a morte. Il fatto che fossero i nazisti a ritenerlo imputabile e quindi colpevole, ha facilitato l’affermazione del giudizio opposto, ma occorre evidenziare che, ad esempio, anche un assassino possa dire la verità e possa fare un’affermazione corretta pur rimanendo un assassino e che il dire il contrario di quanto dissero i nazisti in questo caso è frutto del pregiudizio appena citato, della fallacia logica informale di rilevanza detta dell’argumentum ad hominem abusivo. Certo, Seefeldt, a parte il giudizio dei nazisti, era certamente in grado di intendere e di volere, avrebbe quindi potuto essere recuperato in e con un carcere a vita, dove avrebbe potuto rendersi conto del male che aveva fatto e sarebbe così potuto, forse, morire da persona, non da bestia, ma i nazisti appunto gli impedirono di attingere tale autocoscienza, simili a lui nel rapporto facile e sbrigativo con la morte del prossimo, privi di qualsiasi indugio.

                                                                                             Rita Mascialino

(Dalle serigrafie dell'artista friulano MARINO SALVADOR

333 9732672

2019 Ritratti  in frammentazione: Personaggi Pubblici
Postproduzione di stampe grafiche di Marino Salvador relative alla fotografia di Raffaela Manzini, Fotografa in Firenze, Via Lungo L'Affrico 22r. 349 6521450, Fotografa dei Premi dell'Accademia)