Rita MASCIALINO: LET IT BE di PAUL McCARTNEY - I BEATLES
La canzone Let it Be fu composta da PAUL McCARTNEY nel 1969, uscì come singolo nel 1970 e fu pubblicata nello stesso anno nell’omonimo album dopo lo scioglimento ufficiale della celebre band inglese di musica rock e pop dei giustamente definiti favolosi BEATLES avvenuto sempre nel ’70 dopo circa un decennio di successi travolgenti in tutto il mondo. È una canzone che segna lo spartiacque nella talora un po’ tumultuosa alleanza dei componenti. Citando gli storici membri del gruppo fondato a Liverpool nel 1960: il leader John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr.
Paul McCartney, autore anche del testo e non solo della musica di questa canzone, si ispirò, almeno a suo dire, ad un suo sogno relativo a sua madre morta quando lui aveva soli quattordici anni. Il testo poetico della canzone nella sua qualità di opera artistica, pur nella sua facile spontaneità, reca con sé a livello più profondo, come tutti i testi poetici, simbologie che vanno oltre il dato biografico e comunque concreto, consapevole, simbologie che vengono qui presentate nei loro tratti principali. Un cenno alla frase che dà il titolo al pezzo e che è quanto la madre consiglia al figlio nel sogno: il sintagma let it be, significa lascia stare, lascia perdere, nel senso che ci si debba soffermare sul negativo della vita, su quanto non è andato nel verso giusto, perché si presenteranno altre possibilità e andrà meglio. Si tratta quindi di un sogno in cui la madre, di nome Mary, Maria, soccorre il figlio in ambasce, nei momenti bui in cui esso crede di non farcela a superare le avversità. John Lennon dileggiò sarcasticamente tale canzone per suoi possibili intrecci con credenze religiose e di fatto nel testo ci sono alcune coincidenze che rimandano a Maria madre di Cristo. È il caso di evidenziare come McCartney avrebbe potuto non citare il nome della madre se avesse voluto, consciamente o inconsciamente, evitare qualche sovrapposizione della stessa, anche la più marginale, con la madre di Cristo, ciò che non ha fatto, lasciando il nome inalterato e rendendo possibile l’associazione con essa. Una ulteriore possibile sovrapposizione riguarda il fatto che anche nella preghiera alla madre di Cristo si fa esplicito riferimento – ovviamente sul piano divino – alla richiesta di aiuto da parte degli umani nei momenti difficili della vita fino a quello finale più arduo. McCartney non si rivolge per altro a sua madre usando il possessivo my, mia, ma con il semplice termine Mother, Madre, ciò che rafforza in parte il possibile aggancio alla Madonna. La maiuscola per Mother, oltre che per un possibile rispetto per la Madonna, esprime senz’altro il reverenziale rispetto del figlio per la grandezza della madre nel suo ricordo, maiuscola che, vista l’assenza del possessivo, può valere in senso più lato indirettamente anche per il rispetto verso tutte le donne in quanto madri. In Mother Mary, Madre Maria, la quale viene in soccorso del figlio Paul, è possibile dunque rinvenire una triplice sovrapposizione simbolica nelle persone della madre di Paul, della madre di Cristo e, sempre restando all’interno del testo di McCartney e senza nulla togliere né aggiungere al suo significato, anche della donna in quanto madre. In ogni caso e comunque nel testo di McCartney, anche senza considerare l’associazione più o meno voluta alla madre di Cristo, sono la madre dell’Autore e la donna in quanto madre a dare la forza di vivere, la fiducia nella vita, la capacità di affrontare la vita per il bello che può dare, per le opportunità positive che si incontrano sempre sul cammino oltre a quelle nefaste. Certo il sogno dà al sognatore solo un contatto impalpabile con la madre non più vivente, ma tale contatto è vissuto a livello di sentimento molto intensamente. Questa semplice quanto immortale poesia musicale d’amore per la madre si può considerare tra le più belle composizioni prodotte da McCartney e dai Beatles stessi e contribuisce ad esaltare la figura femminile con le sue connotazioni principali più positive, in aggiunta contribuisce a fare luce più profondamente nella personalità di un grande personaggio per il quale una fama immensa non ha comunque sostituito il ricordo degli affetti più grandi come quando si instaurano nella foscoliana e insuperabile “corrispondenza d’amorosi sensi”.
La versione, fornita a YouTube dal Gruppo Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band (Remastered 2009) The Beatles Sgt., si riferisce al doppio album di concerti dal vivo di Paul McCartney Good Evening New York City ed è pubblicata in video sullo sfondo delle figure dei BEATLES al completo, compresi Lennon e Harrison, non più viventi all’epoca della performance di Paul McCartney, ma presenti nelle immagini come fossero ancora attorno a lui e cantassero e suonassero dal vivo con lui come nella emozionalmente molto intensa ricostruzione del pezzo. Interessante e ancora più sofferta è anche la performance di Paul McCartney Live from Grand Central Station New York del 2018, quando il compositore aveva settantasei anni. Queste due versioni di Let it be offrono la voce di un Paul McCartney meno sicuro di sé e più sensibile, una voce nella quale assieme al ricordo della madre si fa sentire, inevitabilmente, la più vasta eco della memoria della vita.
Rita Mascialino