Sulla fragilità dei compagni che assassinano le compagne
Insigni psichiatri e psicologi, psicoterapeuti e psicanalisti si riferiscono agli assassini delle compagne o fidanzate o mogli o magari delle donne di cui si sono invaghiti senza esserne mai stati corrisposti come a maschi dalla personalità cosiddetta fragile, ciò che li presenta o vorrebbe presentare come esseri vulnerabili e delicati, fragili appunto, quasi come bambini che fanno i capricci perché non vogliono rinunciare alla loro mamma che è solo la loro e si sa che di mamma ce n’è una sola, talora forse anche per fortuna. Studiosi in ambito antropologico e psicologico fanno elaborate distinzioni tra gli assassini di ieri e quelli di oggi, purtroppo ciò che non cambia mai è l’identificazione della vittima che è nella fattispecie la donna, distinzioni di lana caprina per così dire che tutte sono finalizzate non solo a capire la storia, ma a togliere peso all’identikit morale e psicologico che l’uomo, il maschio intendo, si è conquistato nella storia della tremenda relazione che instaurato con le sue compagne e madri dei suoi figli, uccisioni comprese e a parte.
Tornando all’uso del termine fragile per qualificare gli assassini, esso tende ad alleggerire la loro colpa grave, a renderne meno negativo il volto e si inserisce in una lunghissima serie di espedienti culturali per non far vedere le cose come stanno nel frangente in questione dell’uccisione delle donne. Se l’assassino per legittima difesa è colui che offende per difendere la propria vita e quella dei propri figli, dei propri cari, l’assassino che offende non per legittima difesa, ma per togliere la vita agli altri, lo fa per cattiveria, è il cattivo per eccellenza. Non è certo un mostro, è una persona come le altre, solo più cattiva, tanto più cattiva, una persona che non sa accettare la propria sconfitta, la propria pochezza, che invidia l’altro e che allora uccide per avere la vittoria che non sa conseguire in altro modo, con le sue abilità. E di fatto, nel caso delle donne ammazzate, ha una tale vittoria, l’unica possibile non per la sua fragilità, ma per la sua pochezza di persona incapace di avere soddisfazioni dalla vita per proprio meriti. Tali donne sfortunate, accortesi che il compagno non era come pensavano all’epoca della serenata, di cui i maschi sono esperti per via elle loro necessità di ordine sessuale, vengono cancellate dalla faccia della Terra, dalla vita, mentre il loro assassino invece vive ancora, punito con qualche anno di reclusione, magari stando a casa propria in quell’ignobile forma di regalo per chi delinque che sono gli arresti domiciliari, ed in più considerato fragile, da trattarsi quindi con cura perché delicato. Invece tale assassino è tutt’altro che fragile, ha certamente una brutta personalità, ma è forte abbastanza per sopportare il peso relativo ad un’uccisione, cosa non da tutti – non è vero che tutti siano capaci di uccidere, la maggioranza delle persone retrocede non per viltà, ma per senso morale, di fronte alla gravità della colpa derivata dall’uccisione di qualcuno. L’uomo che ammazza la donna a bastonate e coltellate inferte con la forza in suo possesso è senz’altro un vigliacco che se la prende con un essere più debole che può combattere con lui solo avendo la peggio, è un vigliacco sì, ma non è fragile e sarebbe bene non usare più questo termine che fa un torto grave alla vittima perché cerca di mascherare l’identità dell’assassino, di sfumarne i contorni, la verità dei tratti, per renderlo meno peggiore di quanto sia.
L’uomo che uccide oggi la compagna per prendersene un’altra più giovane o comunque che gli piace di più è a mio giudizio e a giudizio della storia per chi la sappia capire non diverso da quanto la storia ci tramanda, è l’uomo di sempre, di tutti i tempi, un uomo dal volto cupo, che oggi solo si mostra meglio per via della maggiore luce dei tempi. L’unica novità dell’epoca attuale nella relazione maschio-femmina è data dalla maggiore libertà di cui gode in parte la donna diversamente dalla sua condizione nel passato, dove non aveva alcun diritto di scelta del partner e lo doveva subire, volente o nolente, per tutta la vita di parti continuati fino allo sfinimento, anche fino alla morte frequente per parto. Solo l’uomo aveva il diritto di scelta e lo faceva valere nel modo peggiore, buttando via la compagna ormai sfruttata abbastanza e rinsecchita, non più così fresca, per così dire. Oggi questo assassino ha un motivo in più per ammazzare la sua donna o quella che crede essere la sua donna: non solo il desiderio di sbarazzarsene per poter stare con donne più giovani, ma in aggiunta anche l’invidia per la libertà della donna che ora, quasi ovunque nel mondo, può scegliere il proprio uomo e può scegliere di rifiutarlo, non essendo più del tutto la sua serva o schiava, abituata ad obbedire e a subire. Anche un tempo era così, solo che prevalevano altre strategie: il sospetto di adulterio, anche solo il sospetto dava al marito il diritto di uccidere la donna quando se la voleva togliere di torno senza che potesse unirsi ad un altro uomo dopo che lui l’avesse cacciata o abbandonata. Anche in passato c’era la volontà di non dare alcuna libertà alla donna che non poteva che subire in quella che è la storia infame del rapporto dei maschi con le donne, una brutta storia che è difficile dimenticare e che forse non si deve dimenticare – dalla storia si deve imparare la lezione e nessuna lezione si impara dimenticando. Ma appunto nel passato la donna doveva accettare la sua condizione, soggetta ai voleri maschili benedetti da Dio, nel presente non più nella medesima misura.
Niente fragilità dunque negli assassini dei più deboli, specificamente e in linea generale della donna dunque, ma solo prepotenza, volontà di sopraffazione, odio per la donna che secondo questi assassini, molto simili a quelli del passato se non del tutto uguali, non può essere libera, ma deve subire la supremazia maschile in tutte le sue manifestazioni, bastonate e coltellate nonché strangolamenti compresi. Certo, l’assassino di donne inermi dice sempre che non ricorda quello che ha fatto e gli psichiatri ci credono a quanto appare, anche i giudici, non io senz’altro. Dicono anche che non volevano ucciderla, ma hanno messo in atto con premeditazione o con impeto, più spesso premeditazione, comunque e sempre le azioni corrette per uccidere, pertanto in quel momento preciso dell’assassinio sapevano benissimo quello che facevano, altrimenti non avrebbero potuto realizzare l’omicidio con azioni tanto coerenti allo scopo.
Per finire, credo che il termine fragile sia un termine non consono per assassini tanto precisi e risoluti, tanto forti e capaci di intendere e di volere, un termine che io non adopero e che a mio giudizio andrebbe eliminato per rispetto alle donne, fragili vittime esse di tanta violenza omicidiaria degli uomini, dei maschi per chiarire.