LA SETTIMA ARTE, Rubrica di Critica Cinematografica a cura di Rita Mascialino in 'Lunigiana Dantesca' CLSD Centro Lunigianese di Studi Danteschi
“QUALCUNO VOLÒ SUL NIDO DEL CUCULO di Miloš Forman”
di Rita Mascialino
One Flew Over the Cuckoo’s Nest (1975), per la regia di Miloš Forman, sceneggiatura di Bo Goldman e Lawrence Hauben, reso nella versione italiana con Qualcuno volò sul nido del cuculo (1976) prende come opera culturale di riferimento l’omonimo libro (1962) di Ken Kesey. Questi chiuse i rapporti con il regista (www.filmtv.it/palylist/45597/qualcuno-volo-sul-nido-del-cuculo-di-ken-kesey/) per questioni economiche, ma soprattutto perché non concorde con la diversa impostazione della figura del pellerossa detto Chief Bromden, Capo Bromden. Nel romanzo il narratore in prima persona è uno dei personaggi, appunto il pellerossa che vede e commenta ciò che vede, nonché ricorda ciò che è accaduto nel passato alla sua famiglia, al suo popolo, estendendo la sua visione del mondo alle democrazie, agli assolutismi, al luogo in cui si trova assieme ad altri, ossia il pellerossa è il personaggio principale del romanzo o una delle sue figure più importanti, mentre nel film è un personaggio che si distingue dagli altri solo perché alla fine rompe la grata e fugge dal manicomio. In ogni caso nel film non vi è alcun personaggio che vede e commenta gli eventi secondo il suo punto di vista, né vi è alcuna voce narrante fuori campo, né quella del pellerossa né quella di altri e la storia è frutto del tradizionale narratore onnisciente e silente rappresentato dagli sceneggiatori e dal regista che tacciono o, più esattamente, parlano attraverso i dialoghi di tutti i personaggi, le immagini, le musiche intra- ed extradiegetiche. Il non aver inserito comunque in nessuna circostanza la voce fuori campo di un narratore va valutato come una decisione saggia del regista. Di fatto i film dove sta una voce narrante fuori campo che interviene spesso durante la vicenda e magari a lungo, derogano troppo dalla natura dell’immaginario cinematografico che si serve appunto di immagini oltre che di suoni, musica, dialoghi e non dei canali propri della narrativa che risultano più o meno insopportabili nel genere, tranne rare eccezioni. Per altro un eventuale fuori campo narrato, che superasse gli spazi riservati ai titoli di testa e di coda dove può molto brevemente stare per aprire e chiudere il film con un’informazione e un commento di poche parole, mostrerebbe un’insufficiente abilità relativa alla sceneggiatura, alla regia che evidentemente non riuscirebbero, stando all’interno dei mezzi espressivi in dotazione al cinema, a trasformare intersemioticamente uno o l’altro significato, appunto esprimendolo cinematograficamente.
Ci occuperemo in questa analisi critica delle fondamenta e dei muri portanti del significato, del messaggio del film, senza dare ragione di tutti i dettagli semantici che sono stati comunque recepiti e per accogliere i quali sarebbe opportuno uno spazio maggiore. La comparazione tra romanzo di Ken Kesey e film di Miloš Forman metterà in evidenza le uguaglianze e somiglianze, come pure le discrepanze rilevanti tra le due opere così da identificare gli apporti ideologici e artistici propri specificamente del regista.
Temi principali del film evidenziati dall’analisi sono: l’attacco più totale sferrato contro la donna in generale; la denuncia dei regimi non democratici o falsamente democratici; la denuncia dei metodi in auge nei manicomi, temi presenti ugualmente anche nel romanzo. Altre tematiche importanti verranno evidenziate man mano che ve ne sarà l’occasione.
Iniziamo soffermandoci non poco sul significato del titolo, ciò in quanto in esso sta abbozzato, nel romanzo come nel film, lo scheletro della semantica in cui si struttura l’intero complesso film – successivamente ci occuperemo anche dei nomi di alcuni personaggi nel film, titolo e nomi che stanno uguali nel romanzo. Forman, malgrado le rimostranze forse eccessive di Kesey, si è attenuto in linea di massima alle direttrici generali del romanzo pur con i cambiamenti dovuti al diverso canale semiotico e a qualche diversità nella sua individuale visione del mondo, in ogni caso sempre collocandosi non troppo distante da quella di Kesey.
Nella versione italiana il titolo è ritenuto in generale poco chiaro, risulta tuttavia non pienamente compreso neppure nella lingua originaria. Ad una prima analisi emerge come nel testo italiano la sua spazialità di base risulti ambigua e fraintendibile, con la conseguente confusione delle simbologie ad essa collegate. Nelle culture di lingua inglese e restanti, per quanto se ne sa, non è comunque stata colta la più che complessa polisemia dei piani simbolici che si intrecciano nel modo di dire relativo al nido del cuculo inserito nello specifico contesto del libro e del film.
Prendiamo in considerazione dunque la spazialità relativa alla traduzione italiana più ovvia e comune, nella quale qualcuno apparentemente è volato sul nido del cuculo, ossia ha raggiunto il nido dove sta il cucù partendo dalla realtà esterna al nido, ossia ancora: è volato verso o sul nido in un moto a luogo. In realtà to fly over – nel tempo del passato remoto come sta in inglese – indica un moto da un luogo all’altro, nel caso specifico, data la preposizione over, oltre un luogo, oppure, in altra forma grammaticale del verbo, può indicare una durata del volo permanendo sullo stesso luogo, ciò che non è nella forma che sta nel titolo. In una prima parziale correzione del titolo ufficiale: ‘Qualcuno volò oltre il nido del cuculo’, non sul nido in nessun modo, traduzione che in italiano, data la polifunzionalità della preposizione su che si adatta a spazialità diverse, risulta equivocabile. In ogni caso il verso del moto nel titolo originale è esattamente opposto a quello indicato o suggerito dal titolo nella versione italiana, non in avvicinamento al nido quindi, ma oltre il nido, in allontanamento dal nido, oltrepassando il nido, superando il nido.
Per completare la correzione, il pronome inglese one, non unito ad altre specificazioni tipo someone o anyone, significa uno, uno solo, non più di uno. Una traduzione per così dire immanente al testo (Mascialino 1996: Studio sulla Traduzione del Testo Letterario, LaNuovaBaseEditrice, Udine), quindi interessata al significato del titolo, sarebbe perciò come qui proposto Uno volò oltre il nido del cuculo. La differenza tra qualcuno e uno non è irrilevante: qualcuno si riferisce nella maggioranza dei casi e pur nell’elasticità tipica della lingua italiana in genere a più di una persona, uno, come one scelto da Kesey e conservato da Forman, si riferisce sempre e solo a una persona anche in italiano ed in effetti nel film c’è uno, uno solo, non qualcuno, ma una sola persona che se n’è andata oltre il nido con un’azione di forza. Si tratta del mezzosangue pellerossa Capo Bromden, il quale dopo un certo tempo trascorso nel nido del cuculo, ossia del manicomio come vedremo, ha avuto l’energia psicofisica di andarsene via, di fuggire sfondando la finestra a inferriata con un grosso peso sulle spalle che ha lanciato contro di essa. Mirabile è la performance di Will Sampson, di origine pellerossa della popolazione creek (wikipedia.org), nello sfondare la finestra del manicomio per andarsene appunto come volando via dallo speciale nido. Dapprima smuove e solleva con molto sforzo il pesantissimo e a detta di tutti inamovibile blocco di pietra della rubinetteria e delle pompe appoggiato al suolo su una pedana di pietra. Ciò scatena l’irruzione violenta delle acque non più assicurate nel blocco, acque che sgorgano e scorrono libere come nella natura da cui proviene il pellerossa ricca di fiumi impetuosi. Successivamente riesce a posizionarlo sulla spalla, quindi avanza poi gettandosi con qualche passo di corsa compatta contro la grata – quasi come contro la finestra di una gabbia per uccelli. Elegante e potente in sé è la figura di Will Sampson mentre accelerando nel breve spazio e accompagnato dal crescendo orchestrale di Jack Nitzsche, maestoso e consono al momento importante - vedremo in seguito il significato che tale performance ottiene nel significato generale del film -, lancia il blocco contro la finestra spezzando l’inferriata, performance nella quale Sampson – si può ipotizzare sulla base della superba spazialità dei moti e delle espressioni del volto da esso realizzate – ha infuso verosimilmente oltre la sua prestanza fisica e la necessità della finzione scenica una componente psicologica collegata alla memoria dei suoi padri, quando i pellerossa erano padroni dei vasti e selvaggi territori americani dove vivevano liberi, specificamente nella zona attorno al fiume Columbia in Canada, nel Manitoba, una zona ricca di acque selvagge e tumultuose, dove lui stesso aveva vissuto con suo padre, un grande capo del suo gruppo etnico.
Proseguendo con la nota preliminare sul titolo: l’immagine che Ken Kesey ha scelto come sintesi di un motivo rilevante per il suo romanzo e che è rimasta tale nel film di Forman, prende spunto da una filastrocca – citata nel romanzo stesso – nella quale tre oche di uno sciame si dirigono in diverse direzioni, ciò che è impossibile in quanto, facendo esse parte di un unico sciame, vanno sempre tutte nella medesima direzione. Oche dunque impazzite una delle quali va sul nido del cucù, uccello simbolo esso stesso di follia nel modo di dire ad esso collegato, scelta che tuttavia ancora non esaurisce il significato del cuculo in Kesey che ha scelto quella determinata immagine e idea in luogo di tante altre a disposizione per simboleggiare un manicomio. Vi è anche un’altra associazione, la quale non è citata da Kesey, ma tuttavia nota senza dubbio alcuno all’autore e di cui ha tenuto conto, consciamente o inconsciamente, nell’elaborazione della sua immagine del volo. Si tratta di una riflessione di Martin Lutero sui cattivi pensieri, qui in testo tedesco tra le altre versioni tedesche e delle varie lingue:
“(…) Wie man nicht wehren kann, daß einem die Vögel über den Kopf herfliegen, aber wohl, daß sie auf dem Kopfe nisten, so kann man auch bösen Gedanken nicht wehren, aber wohl, daß sie in uns einwurzeln (…)”
(Geist aus Luther’s Schriften, oder Concordanz der Ansichten und Urtheile des großen Reformators. Hersg. von Ernst Zimmermann: 1828/31, Darmstadt: book.google.it(books?id=iEIAAAYAAJ&pg)
Traduzione (RM):
“Come non si può impedire che a uno gli uccelli passino sulla sua testa, ma ben si può impedire che gli facciano il nido sulla testa, così non si può evitare neanche ai pensieri cattivi che passino per la testa, ma ben si può impedire che si radichino in noi (…)”
Ken Kesey, cresciuto in una famiglia rigorosamente praticante la più rigida formazione battista all’interno del Protestantesimo, fu formato in tale atmosfera culturale tanto che rimase fino agli inizi dell’età adulta rispettoso degli insegnamenti della Bibbia. Conosceva inevitabilmente dalla predicazione ecclesiastica i detti di Lutero sui cattivi pensieri con la molto particolare similitudine di cui sopra. Il significato della stessa opportunamente modificato è stato da Kesey trasferito ad un più articolato ambito socio-politico, come secondo questa analisi critica. Ma Lutero parla di uccelli qualsiasi che passino oltre la testa di uno, non di cuculi in particolare, per cui anche questa derivazione, pur chiarendo in aggiunta la presenza di uccelli in volo oltre la testa di uno, uno solo, non spiega il perché della scelta del cuculo nel romanzo e nel film, scelta che andiamo a chiarire di seguito.
Detto in linea generale e senza affatto voler entrare in dettagli scientifici di cui sono esperti gli specialisti in materia di scienze naturali, accenniamo al fatto che vi siano almeno due tipi di cucù con comportamenti diversi: uno europeo, uno americano. Quest’ultimo si costruisce da sé il proprio nido come la maggioranza delle specie ornitologiche, non così per quello europeo che è parassitario. Si deve vedere quale dei due ha avuto in mente Kesey per capire che cosa intendesse con il cuculo del suo titolo – oltre al fatto che il cuculo sia metafora di follia, adatto quindi a simboleggiare un nido di matti, un manicomio. Dunque la femmina del cuculo europeo, come è generalmente noto, depone le uova ad una ad una nei nidi di altri uccelli simili alla propria specie ed elimina rispettivamente un uovo da ciascuna nidiata, così che il suo uovo si confonda con le altre uova relative ai piccoli della coppia che si è costruita il nido. L’uovo relativo all’ospite si schiude prima delle altre uova e il cucù elimina con la violenza le altre uova godendo dei vantaggi di unico nato, visto che i genitori dei piccoli eliminati dall’intruso non si accorgono della sua estraneità alla propria covata. Questo cuculo quindi usurpa uno status di padrone legittimo del nido, ossia si appropria indebitamente della casa che spetterebbe ai figli dei costruttori del nido, in altri termini: spazza via con la violenza coloro che hanno dei diritti e si instaura in loro vece come padrone parassitario e usurpatore. Il nido di questo cuculo non è dunque il nido che spetta di diritto al cuculo perché suo, ma è un luogo espropriato ai legittimi proprietari con l’inganno e la violenza, sul piano metaforico: è un luogo occupato da individui che non hanno alcun diritto abitativo e padronale, ciò a scapito di chi ne ha diritto. Di immediata associazione è la metafora per il meccanismo del potere nella società umana: i violenti buttano fuori i meno violenti dalle sedi in cui per diritti vari si trovano. Chi sono allora coloro che rappresentano direttamente i matti che si trovano nel nido di matti o manicomio? È evidente che i matti quali pazienti del manicomio non sono gli usurpatori del nido e ci stanno per così dire obbligatoriamente e in ogni caso legittimamente. Gli usurpatori, i cuculi, ossia coloro che stanno indebitamente nel nido come il cuculo, o nel manicomio come i governatori dello stesso, devono essere altri e di fatto sono i capi del nido e i loro aiutanti, che comandano il sistema con violenza quali parassiti e appunto usurpatori del potere in luogo di una gestione democratica, in luogo di capi democratici. Occorre capire a questo punto come mai, se il nido è metafora del potere nella società umana e del manicomio, i matti sono i suoi abitanti, coatti e in maggioranza volontari, abitanti questi che potrebbero andarsene quando lo volessero e che restano invece all’interno. Sono sottomessi volontariamente in quanto pusillanimi, incapaci di reggersi sulle loro gambe per così dire da soli, di affrontare la vita nel vasto mondo, incapaci quindi di ribellarsi, incapacità di cui verranno spiegate fra poco le cause profonde individuate da Kesey e condivise da Forman. Per questa loro incapacità di iniziativa – cui potrebbero sottrarsi, ma appunto dovrebbero volerlo – devono accettare di subire il potere degli usurpatori dai quali vengono considerati pazzi anche se non sono proprio tali, vessati in mille modi, ciò che essi sopportano pur soffrendone conseguenze anche tremende come elettroshocks ripetuti e addirittura lobotomie, tremenda metafora per la completa e definitiva abdicazione a poter pensare con la propria testa. Il nido del cuculo è dunque simbolo del potere usurpato nella società umana, di qualsiasi partito o ideologia, senza distinzioni, usurpazione grazie alla quale l’illuministico e democratico diritto di governare che risiede nel popolo viene appunto usurpato con violenza e inganno, ciò che accade nei regimi totalitari o di pseudo democrazia o persino di democrazia, tuttavia cosiddetta debole. Questa usurpazione rende i degenti o gli ospiti – o i popoli – sempre più deboli e incapaci, quasi come pazzi o del tutto pazzi. Per conservare al meglio il potere gli usurpatori ritengono folle qualsiasi manifestazione di non conformismo, di disobbedienza alle caste o cricche che sono presentate come inamovibili, tanto che il mezzosangue pellerossa Bromden alla fine sì riuscirà a fuggire dal nido del cuculo volando metaforicamente oltre esso, ma non riuscirà a cambiare lo stato di cose, come non ci riuscirà neppure McMurphy che anzi verrà definitivamente annientato dalla cricca – per altro combine, il termine inglese utilizzato nel romanzo e nel film per cricca, significa accanto ad associazione anche molto significativamente mietitrebbiatrice, la macchina pericolosa che miete e trebbia. Miss Ratched stessa, colei che controlla in tutto e per tutto il manicomio, viene paragonata tra l’altro a un trattore ciò che si collega al duplice significato di combine.
Concludendo: se Kesey avesse avuto in mente il sopra citato cuculo americano, il significato del titolo sarebbe stato unicamente simbolo per il manicomio come nella locuzione di lingua inglese e sarebbe stato assente il riferimento all’usurpazione della combine o cricca, ciò che sta invece al centro della critica al sistema presente in tutto il romanzo. Il cuculo di Kesey è dunque quello parassitario che vale comunque esso stesso, oltre che per l’usurpazione, anche per la follia come nel modo di dire riferito al cuculo.
Terminata a grandi linee l’analisi del significato del titolo, veniamo come annunciato ai nomi dei principali personaggi del romanzo rimasti invariati anche nell’arrangiamento filmico. Tali nomi, oltre ad una identificazione per così dire anagrafica dei personaggi, identificano gli stessi anche psicologicamente, ciò in appoggio all’assunto principale del romanzo e del film, nomi, anzi soprattutto cognomi, che sono quindi utili alla comprensione del messaggio: Miss Ratched, Bromden, McMurphy e quelli dei tre inservienti neri di Miss Ratched: Washington, Warren e Williams, inoltre Turkle, lasciando perdere altri nomi pure significativi, ma meno rilevanti nel contesto.
Partendo da Miss Ratched, la Grande Infermiera Caposala o Big Nurse che governa il manicomio, il suo cognome è una forma parallela nella pronuncia a wretched, di scarsa qualità, in tal senso anche miserabile, come pure a ratchet, che significa tra l’altro ruota dentata, parole che come testé detto, hanno più o meno simile pronuncia pur se in diversa ortografia. Ratched propriamente è il participio passato di to ratch, rendere dentato, quindi reso dentato. E veramente tale Miss Ratched è una ruota temibile dell’ingranaggio del manicomio, una ruota divenuta dentata del sistema che mette in moto azioni taglienti, dentate e quindi capaci di mordere, azioni cattive, per associare i significati: miserabile ruota dentata. Dettaglio rilevante: una ruota che è stata resa dentata, che ha perso la sua originaria rotondità tipica della ruota, rotondità come simbolo comune per il femminile, per diventare il proprio opposto, una ruota che possiede in realtà forme aguzze. Denti che sono messi in evidenza in sé all’inizio del film, quando si vede un insieme di disegni verosimilmente dei degenti, disegni che mostrano ad esempio omini neri – spesso presenti nelle fantasie dei disturbati clinicamente –, disegni tra i quali spicca anche una grande bocca aperta mostrante i denti non per ridere, ma più verosimilmente per impaurire e ingoiare, evidentemente frutto di idee ossessive degli ospiti del manicomio in correlazione inconscia con Miss Ruota Dentata – o bocca spalancata per spaventare e divorare. Pallelamente alla ruota dentata si vede, sempre all'inizio del film come introduzione all’atmosfera imperante nel manicomio, un disegno che raffigura un mezzo busto con il volto privo di tratti identitari, una persona che, al di là di qualsiasi significato ulteriore, non è nessuno, essendone stata cancellata e confusa l’identità. Questo è il modello umano consentito nel luogo, modello che sta al centro del manicomio e, estensivamente, del sistema socio-politico in generale per come è presentato nel film e su cui ci soffermeremo nel prosieguo dell’analisi.
Quanto al pellerossa che porta il cognome della madre bianca, Bromden, e che sta sempre con una ramazza in mano, esso ha un nome che pare essere una elaborazione di broom, scopa, come fosse spazzato via o dotato di ramazza. Da sottolineare come anticipazione del significato più profondo del romanzo e del film: ha perso il nome del padre pellerossa – la sua identità maschile per così dire – e ha acquisito quello della madre, di una donna, che lo ha ridotto come una ramazza, adatto quindi alle pulizie, che esegue scopando i pavimenti del nido, come un servo dei capi bianchi come bianca è la madre.
Il cognome McMurphy, figlio di Murphy secondo il prefisso, è molto evidentemente associato a quello dello studioso Murphy considerato, per così dire, suo padre, enunciatore nel 1949 della cosiddetta Prima Legge di Murphy, secondo la quale se una cosa poteva andare male, sarebbe andata male, dunque McMurphy porta un cognome che si associa a qualcuno che fa andare male le cose per gli altri e per sé; inoltre, nella storpiatura che Miss Ratched fa appositamente del cognome in McMurry nel romanzo, è associabile alla murena, il pesce serpentiforme dal morso molto doloroso – in seguito a ciò McMurphy la apostroferà pronunciando il suo nome come Miss Ratshed, che significa topaia. Per finire, associabile anche a mac, pronuncia estesa e accentata di Mc con cui viene apostrofato McMurphy dai compagni e collegato al termine gergale mack che si usa per qualificare un uomo che nella sua vita dà centrale importanza al sesso, tutti significati che si addicono al personaggio per come viene presentato nel film e prima ancora nel romanzo – sull’importanza della sessualità maschile nel film, come polo opposto alla donna castrante, torneremo in dettaglio fra poco. Anche il nome di McMurphy, Randle, non è da meno nella connotazione del personaggio: tra le altre associazioni possibili importante è quella riferita alla radice rand- che indica un violento, riottoso, da cui anche random, casuale, senza meta e simili; seguendo la pronuncia, si ha rændol simile nel suono a rand+all-randall, un po’ come tutto violento, capace di violenza su tutto, in ogni caso un uomo violento secondo l’occasione, casuale nel comportamento, senza uno scopo nella vita, privo di qualsiasi organizzazione, ribelle a qualsiasi organizzazione o autorità.
Per finire la breve rassegna dei nomi più importanti, passiamo a quelli dei tre inservienti neri agli ordini di Miss Ratched. Uno, apparentemente il più rancoroso verso i degenti, si chiama molto significativamente Washington, nome della città sede del Presidente degli Stati Uniti d’America e della Casa Bianca – dei bianchi per così dire nel contesto –, così che gli Stati Uniti stessi appaiono come al servizio di una donna che strumentalizza l'eventuale rancore dei tre servi neri verso i bianchi conseguente alla tratta dei neri attuata dagli Stati Uniti nel passato e dal razzismo ancora in auge in alcune aree della popolazione a tutt’oggi, capi bianchi che utilizzano donne come la Ratched e neri asserviti per mantenere il loro potere. Warren porta come nome conigliera o recinto per i conigli, un nome che esplicita la situazione psicologica di colui che sopporta tutto per paura o gioca a fare il coniglio per opportunismo – come anche tutti pazienti per altro adatti a stare in una conigliera per così dire, tutti sottomessi ad un potere falsamente democratico. Da ultimo Williams, collegato, secondo l’analisi del contesto denigratorio in cui si situano sia i capi bianchi che i neri al loro servizio, alla sindrome di Williams, una forma di ritardo mentale che porta il nome del suo scopritore – e di fatto Williams poco dopo l’arrivo di McMurphy nel manicomio criminale è mostrato mentre è tutto intento a giocare con lo yo-yo nel corridoio, come in una regressione all’infanzia, nel contesto: come un ritardato vista l’età adulta. In aggiunta, le tre lettere iniziali, le tre w, risultano essere alla pronuncia anche una onomatopea per l’abbaiare dei cani, ciò che peggiora ancora di più le cose – più volte il personale dell’Ospedale, bianco e nero, viene paragonato a cani che fiutino le prede. Un insulto per i neri? No, un insulto per bianchi e neri, per coloro che si sottomettono al sistema gestito dai bianchi.
L’insistenza ribadita per tutto il romanzo sul numero tre – e nel film come immagine dei tre inservienti quasi sempre assieme – allude alla presenza del piano simbolico religioso della Trinità che evoca in remota eco nel contesto di critica socio-politica, in cui si situano le due opere, il modello socio-politico intrinseco alla religione considerato non democratico per eccellenza – la divinità ne è il capo assoluto in cielo e in terra. Questo in una mal celata satira quanto mai corrosiva: un modello di potere assolutistico che governa gli umani servendosi di individui malvagi e poco intelligenti al servizio di una donna che, non va trascurato, è una signorina, si suppone quindi senza un uomo come compagno, un po’ come se fosse una vergine così che l’associazione alla Madonna o madre a sua volta al servizio della divinità è piuttosto evidente. Il manicomio, come abbiamo accennato, è considerato dunque sul piano satirico quale modello parallelo all’organizzazione della società falsamente democratica o non democratica, che a sua volta è modello parallelo all’organizzazione gerarchica cattolica in particolare – Miss Ratched afferma esplicitamente di essere cattolica, non è protestante, per cui l’allusione alla Madonna si fa più stretta. Kesey, come anticipato, fu educato religiosamente dai genitori, ma in ogni caso, ribelle ad ogni autorità, rivide criticamente le credenze giovanili imposte dai padri, dalla società, dalle gerarchie ecclesiastiche. Nel romanzo viene fra l’altro affermato dalla stessa Ratched nei confronti di McMurphy dopo il suicidio di Billy Bibbit che essa ascrive alla sua azione dissestante l’ordine costituito così negando ogni propria responsabilità (384): “Spero che sarà soddisfatto, finalmente. Trastullarsi con vite umane… giocare d’azzardo con vite umane… come se si ritenesse un Dio!”, ciò con cui Dio stesso viene presentato come un irresponsabile che si diverta e giochi con le vite degli umani, addirittura d’azzardo, a suo piacimento dunque, visione della divinità quale non si potrebbe avere di peggiore e che funge comunque da modello nel manicomio stesso da parte dei capi verso i pazienti e nella società.
Qualche critico o la critica in generale, per questa presentazione non edificante dei tre neri, ha considerato Ken Kesey un razzista – di conseguenza anche Forman che ha conservato i loro nomi e i loro atteggiamenti negativi. Sia in Kesey che in Forman la simbologia del nome Washington tuttavia non parla di razzismo contro i neri, ma di denuncia dei bianchi, caso mai del loro razzismo, come abbiamo visto più sopra. Ad esempio il custode nero, Turkle – nome che si collega in parte a turkey, tacchino come viene messo implicitamente in risalto da Kesey quando Turkey si riferisce alle prostitute appellandole pollastre –, viene presentato sì come un pover’uomo facente parte del sistema, uno sfruttato dal sistema anch’esso, ma non divenuto né malvagio né rancoroso. Viene licenziato proprio perché non è asservito sufficientemente per restare nel sistema, perché non ha eseguito al cento per cento il suo compito di custode repressivo, perché ha trasgredito gli ordini, licenziamento comprovante il fatto che solo coloro che si sottomettono vengano tenuti al servizio del potere secondo il triplice piano simbolico: nel manicomio, nella società, nell’ambito della religione che funge da primo e ultimo parallelo di riferimento a quello sociopolitico e ospedaliero. Un nero semplice e non particolarmente intelligente, un uomo normale e non aggressivo, un nero che ha consentito lo svolgersi di una festa ai bianchi e che con tono del tutto sottomesso ha il coraggio comunque di chiedere comprensione per la sua situazione di solitudine notturna alla sorvegliante, una donna castrante come le donne che gestiscono il manicomio in Kesey e Forman. Turkle chiede di usare un po’ di umanità e in cambio riceve l’immediata espulsione dal manicomio in cui presta servizio, ossia perde il lavoro nel romanzo e sa di perderlo nel film. Come è evidente, i bianchi – che rappresentano anch’essi una razza se proprio la si volesse mettere sul piano delle razze – sono descritti molto negativamente in tutto e per tutto in modo ben peggiore dei tre individui di pelle nera. Nel senso della personalità, il pellerossa, pure di una razza diversa da quella bianca cui appartiene Kesey, è presentato favorevolmente, anzi molto favorevolmente ed è colui al quale vengono affidate addirittura la narrazione del romanzo, la critica sociopolitica, storica, umana, infine la capacità di fuggire dal nido del cuculo. Non si può o non si dovrebbe a mio giudizio vedere un odio razziale nella descrizione di nessuna delle due cosiddette razze nera e bianca, ma solo una critica negativa della personalità di bianchi appartenenti a un sistema non democratico o falsamente o debolmente democratico e di neri integrati nel sistema per essere ancora sfruttati, per divenire servi del sistema, per divenire come i bianchi. Vedere del razzismo in Kesey-Forman sarebbe una forzatura e comunque un eventuale o possibile razzismo sarebbe in primo luogo allora, ad un’analisi oggettiva, contro i bianchi i quali hanno il comando della società da usurpatori. Ribadendo: non si può trascurare il dato di fatto che, sia nel romanzo che nel film, i tre neri siano sfruttati dai bianchi che li integrano nel loro sistema solo come servi e per espletare i compiti più ingrati e indecorosi, rendendoli come essi stessi sono. Voler tacciare di razzismo Kesey risulta essere all’analisi del suo romanzo una distorsione e lo stesso vale per Forman che si è attenuto nella fattispecie a quanto sta nel romanzo, ne ha quindi condiviso l’impostazione ideologica anche verso la collocazione degli inservienti neri quali sfruttati che obbediscono agli ordini dei bianchi cui non sanno ribellarsi.
Proseguendo più direttamente con l’interpretazione del messaggio del film, Miloš Forman ebbe a dichiarare in un’intervista concessa al New York Times (http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/te-do-io-socialismo-regista-ceco-milos-forman-canta-41472.htm) che nella Grande Infermiera Miss Ratched aveva voluto rappresentare il Partito Comunista, il governo comunista. Certo, questa può essere senz’altro stata una delle idee di Forman – non c’è da dubitarne –, che aveva per altro conosciuto direttamente il regime socialista sovietico dittatoriale quando si trovava nella Repubblica Socialista Cecoslovacca, dove era nato, e prima ancora aveva conosciuto il nazismo che vide la deportazione dei genitori nei campi di sterminio tedeschi e la morte degli stessi nei Lager. Tuttavia, se il tema principale e più profondo del film fosse stato quello di mostrare i disastri del governo comunista e l’assenza di libertà qualsiasi in esso, sarebbe stato ovvio e anche immancabile farlo rappresentare da un gruppo di maschi o almeno da un maschio dominante in esplicito assetto di detentore del potere, mentre invece sia nel romanzo che nel film emerge come al comando vi sia una donna e come tutti siano assoggettati ad essa, mentre nel regime comunista sovietico non c’è mai stata alcuna donna al governo dello Stato ed erano appunto e al contrario i maschi a comandare. L’interpretazione di Miss Ratched data dallo stesso regista mostra proprio nella presenza di una donna al potere qualche incongruenza con l’idea che essa possa essere l’emblema del governo comunista, ossia non regge o comunque traballa molto, anche a fronte del genere grammaticale femminile di partito e governo in ceco che comunque non avrebbe senso nella simbolizzazione di un comunismo al femminile in Forman e meno ancora ne avrebbe nell’americano Kesey. È da rimarcare qui per altro che le opinioni degli Autori, scrittori o registi e artisti, sulle loro opere contino molto poco ai fini della comprensione delle stesse. Ciò che conta non è quanto dicano di aver voluto esprimere, ma quanto hanno espresso e questo sta non nella loro opinione, bensì nei testi delle loro opere, letterarie o di arti visive, filmiche o musicali. Certo la critica ai regimi totalitari esiste nel romanzo e nel film, soprattutto una critica delle pseudo democrazie, ma non riguarda Miss Ratched direttamente, come chiariremo più in dettaglio.
Ora è il caso di vedere più da vicino i personaggi del film confrontati con quelli del romanzo. L’azione dunque si svolge nel manicomio criminale di Salem nello Stato dell’Oregon. Dà gli ordini l’Infermiera Caposala Miss Ratched, detta Big Nurse, grande/grossa infermiera – nel romanzo ha un enorme seno, segno della sua femminilità anche se nascosta inutilmente il più possibile dalla Caposala, nel film ha un seno quasi invisibile, ciò per dare qualche peso al suo tentativo di giocare a fare il maschio. Accanto a Miss Ratched ci sono un gruppo di infermiere e un gruppo di inservienti maschili che eseguono gli ordini della Caposala e delle altre donne alla lettera. Da notare che il personale maschile è vestito come nell’uso dei camerieri di un eventuale caffè o ristorante elegante o altro di simile, tutti mostrano la farfallina nera su camicia e abito bianchi, in qualche caso la cravatta nera, insomma non hanno proprio l’aspetto che ci si può attendere da inservienti di un ospedale, abito che già di per sé è connotazione irriguardosa nei confronti dell’intero complesso psichiatrico, in cui fungono quasi da camerieri, non da personale propriamente di un Ospedale. L’infermierina che sta sempre appresso a Miss Ratched pare avere qualcosa che non va verso i maschi come si deduce dal fatto che quando vede in pieno giorno e servizio un paziente nel locale dell’infermeria riservato alle infermiere si mette addirittura a gridare dallo spavento come fosse di fronte ad una possibile profanazione di sé, ciò in una reazione un po’ esagerata – le infermiere hanno molto spesso un rapporto con i pazienti separatamente da essi, ossia da dietro una finestra di vetro che le isola da essi, ciò che evita o limita il contatto reciproco, quasi i maschi fossero degli appestati contagiosi o fossero pericolosi. Le figure femminili sono in generale molto deludenti. Ad esempio una pessima figura femminile è quella della madre del paziente Billy Bibbit, balbuziente grave che non ha il coraggio di avere rapporti sessuali con donne in quanto la madre glielo ha vietato, ciò che lo ha ridotto nello stato in cui è e lo ha fatto finire in manicomio, incapace di reggere la responsabilità della vita, incapace di esprimere la propria qualità maschile. Ci sono poi ad esempio due prostitute di cui una tace quasi inadatta a parlare e l’altra non fa che ridere senza vero e proprio motivo, mostrando di mancare completamente di intelligenza. Inoltre viene citata la fanciulla violentata dal protagonista McMurphy che a detta di questo non vedeva l’ora di avere un rapporto sessuale con lui salvo poi a denunciarne la realizzazione come violenza, ossia che avrebbe detto il falso. La madre di Bromden stesso, una bianca, è riuscita a rendere piccolo il padre pellerossa, indebolendone l’energia psicologica in quello che si può definire un gaslighting continuato. Ad un certo punto del film McMurphy si impadronisce dell'autobus per le gite e organizza una battuta di pesca in alto mare con il suo gruppo di amici, in piena trasgressione – nel romanzo la gita è organizzata dall'Ospedale, è lecita quindi e i pazienti sono comandati da medici e inservienti. Mentre McMurhpy, nel film, comanda il gruppo di internati nell’imbarcazione per la pesca e tutti gli internati maschi mostrano alla sua guida le loro migliori qualità divenendo improvvisamente e molto facilmente maschi capaci, normali e affidabili, solidali fra di loro e collaborativi, viene inquadrato un gruppetto di donne sulla terraferma che guardano la barca e i maschi che agiscono dinamicamente: il loro sguardo è vuoto, anche triste nel vedere l’attività dei maschi pur considerati pazzi, soprattutto esse sono ferme, immobili, statiche interiormente ed esteriormente, quasi come invidiose o nostalgiche della dinamicità maschile dalla quale le separa il muro esterno ed interno ad esse. Inoltre, la moglie del degente Harding lo tradisce con altri uomini, non vuole farsi neppure chiamare signora Harding, quasi se ne vergogni e lo abbia sposato per puro opportunismo, anch’essa dunque è presentata per altro come una donna sciocca, superficiale, opportunista.
Un effetto molto importante di tale denigrazione della figura della donna, madre compresa e molto esplicitamente in primo luogo nelle due opere, donna che è presentata come castrante, sciocca e prostituta, è l’estensione di tale denigrazione alla donna a tutto campo. Se vi fosse almeno una donna positiva o con un tratto positivo nella sua personalità, diversa quindi dalla tipologia descritta nelle due opere, la denigrazione rimarrebbe appannaggio unicamente della tipologia femminile rappresentata. Invece è molto significativamente assente una donna diversa da quella che risulta all’analisi del romanzo e del film, per cui si tratta della denigrazione della donna in generale descritta con gli attributi citati, una donna che nella sua opera di repressione della libertà ha bisogno comunque della maggiore forza fisica e intraprendenza maschile per poter governare, ossia non è capace da sola di mantenere l’ordine se i maschi si ribellano, nulla può contro di loro senza l’aiuto di altri maschi al suo servizio. Una donna forte quindi, per così dire, con l'autorizzazione e il sostegno dei maschi dominanti che reggono le fila del sistema e hanno la forza fisica che ad essa manca. Molto importante nel film come nel romanzo è la sessualità maschile: il primo impatto di McMurphy con il gruppo che diverrà anche il suo avviene attraverso il suo mazzo di carte pornografiche che interessa subito i degenti Martini e Billy Bibbit che lo seguono attratti dalle immagini delle donne nude in un risveglio della sessualità maschile che porta ad avere maggiore coraggio, in una o l’altra misura, tuttavia sempre maggiore audacia. Significativo al proposito per l’importanza della sessualità nella personalità maschile e per la negatività della sua repressione operata da Miss Ratched come bersaglio principale della sua opera di Grande Infermiera, è l’episodio relativo al citato Billy Bibbit, il balbuziente grave, incapace quasi del tutto di parlare e di farsi comprendere – Billy Bibbit reca nel suo cognome la ripetizione della stessa sillaba, una specie di cognome onomatopeico preceduto anche dal nome Billy che reca di nuovo la medesima sillaba ripetuta nel cognome. Dopo essere stato con la prostituta Candy durante la festa di addio organizzata nel manicomio dal più trasgressivo McMurphy che ha deciso di fuggire dall’Ospedale la notte stessa, parla improvvisamente senza balbettare, mentre non appena Miss Ratched gli comunica che dirà a sua madre che ha avuto un rapporto sessuale con la prostituta, ricomincia a balbettare gravemente come sempre, si mette in ginocchio davanti alla castrante pregandola di non dirlo a sua madre, ma Miss Ratched, per ricondurlo al suo stato di impotenza e dipendenza in tutti i sensi, conferma che glielo dirà essendo essa sua amica e non potendo esimersi in quanto tale dal dirglielo, ciò che porterà Bibbit a suicidarsi pur di non affrontare la madre castrante a causa della quale è in quello stato e si trova sottomesso in un manicomio.
Molto rilevante a proposito delle donne nel film è il primo piano di Miss Ratched quando essa vede che McMurphy, essendo stato da essa vietato di vedere fuori dal programma stabilito per le attività alcune partite del campionato mondiale di baseball alla televisione – nel romanzo i pazienti guardano per protesta lo schermo grigio del televisore come se ci fosse la partita –, si inventa una partita e la commenta da cronista sportivo così da entusiasmare i cosiddetti matti che tali non sono a quanto appare. Anche gli altri vedono con la loro fantasia messa in moto da McMurphy, da un maschio quindi, la partita esistente solo nella creativa immaginazione di quest’ultimo e poi per diffusione anche in quella degli altri maschi. Perché i matti del gruppo attorno a McMurphy nel manicomio criminale, per come sono presentati in generale da Kesey e mirabilmente da Forman, sono appunto maschi non molto diversi dai comuni maschi che sono liberi nella società e che valgono come normali. Questi internati sono rappresentati, per quanto si inferisce in generale, come non particolarmente pericolosi e dotati delle caratteristiche positive di base dei maschi se non regolati, ossia castrati, da donne, caratteristiche fra cui spicca, come citato, la creatività, la quale nelle donne del film e del romanzo non esiste in nessuna misura e in nessuna angolazione. La scena del film relativa alla partita inventata da McMurphy è a dir poco grandiosa, tutta giocata attorno al più straordinario Jack Nicholson che, oltre a interpretare secondo gli schemi della recitazione il personaggio assegnatogli, soprattutto lo rivive andando in una notevole profondità interiore, penetrando a più riprese nella vicenda e nella personalità del personaggio, improvvisando anche spesso, un’abitudine di Nicholson nelle sue migliori interpretazioni appunto capaci di oltrepassare il livello dato dalla mera competenza professionale. È addirittura commovente vedere come i maschi, che la Ratched vorrebbe evirati in tutto e per tutto per non vedere e ammettere la loro superiorità su di lei e sul genere femminile come essa crede nel suo intimo rimosso, riprendano molto agevolmente le loro peculiarità creative agli ordini di un maschio che ne risveglia la qualità maschile. Mentre McMurphy fa da cronista alla sua partita immaginaria davanti allo schermo spento della televisione, il gruppo si forma timidamente, ad uno a uno i matti fanno capolino quasi bimbi spaventati all’angolo della porta e della parete. Guardano sorpresi alternativamente sia McMurphy che inventa la partita con nomi e cognomi dei giocatori e azioni di gioco, sia lo schermo spento e scuro del piccolo televisore, finché tutti a mano a mano partecipano alla creazione della partita e quando un campione segna il punto vincente come comunicato da McMurphy esultano e gridano felici e saltano in alto proprio come se avessero assistito ad un vera e propria partita. Venendo al rilevante primo piano di Miss Ratched, il suo volto appare livido dall’invidia e dalla rabbia nel vedere i suoi progetti di castrazione andati in fumo non appena i maschi stiano fra di loro e abbiano come capo un maschio non castrato. Essa ha vietato la partita perché i maschi non si eccitassero vedendo che cosa può fare un gruppo di maschi liberi da costrizioni e castrazioni, e i maschi a fronte del suo divieto lo hanno trasgredito inventandosi la partita, si sono entusiasmati nella loro creativa immaginazione sotto la guida infuocata di McMurphy forse ancora di più che assistendo ad una partita vera. In tal modo è stato superato in essi lo stato della più dolorosa frustrazione ed è stato dato spazio al miracolo dell’intelligenza, della fantasia, ciò, nel romanzo e nel film, grazie alle caratteristiche della mente maschile ed in pieno contrasto con la grettezza di quella femminile per come tutto ciò è presentato nello specifico da Forman. Come più sopra anticipato, in contrasto con chi afferma che Miss Ratched rappresenti l’ordine, la disciplina, la razionalità e addirittura la moralità inflessibile, basta questa inquadratura nella splendida interpretazione di Louise Fletcher per evidenziare quale sia la natura della personalità del personaggio in questione e nel contempo quale sia l’idea portante e più importante al centro del messaggio di Forman, sulla quale si imposta anche la critica ai regimi totalitari e alle false democrazie. Si tratta dell’idea secondo la quale nelle società non democratiche o poco democratiche sia fondamentale il contributo della donna castrante e limitata nell’intelligenza per tenere sotto controllo la personalità dei maschi sia con l’educazione repressiva sul piano, soprattutto anche se non solo, sessuale – vedi madre di Bibbit, madre di Bromden e Miss Ratched stessa tra l’altro –, sia con il potere conferito a questo tipo di donna – o alla donna in generale – dai maschi che comandano in prima persona o dietro le quinte, come nello specifico dai medici del manicomio, e che ne apprezzano in massimo grado la funzione coercitiva e castrante, sfruttandola a loro vantaggio relativamente ai maschi che in vario modo esulino dalla norma della sottomissione mostrando un’intelligenza divergente o reagiscano in modo violento alle coercizioni venendo per questo considerati pazzi. Di fatto, ad un certo punto McMurphy afferma di avere avuto il desiderio di uccidere dopo il divieto di Miss Ratched di lasciare vedere la partita di baseball agli internati e questo si associa immediatamente al fatto che negli esseri umani normali possa sorgere una volta o l’altra la voglia di ammazzare qualcuno, specialmente quando venga conculcata ingiustamente la libertà, in particolare di uccidere coloro che gestiscono il potere reprimendo ogni forma di anticonformismo e di semplice libertà che non sia prevista dal sistema. Il centro ideologico delineato nel messaggio del romanzo è appunto il dominio del matriarcato cosiddetto moderno (Kesey: 92-93), gestito dalla donna castrante sia in quanto madre – ad un certo punto Miss Ratched, ironicamente, ma comunque esplicitamente, viene definita come mamma Ratched (152), altrove come madre, termine più rilevante ancora di mamma –, sia in quanto compagna. Lo stesso messaggio è rappresentato da Forman nel suo film. Nel più retrivo matriarcato dunque sta l’alleanza negativa tra maschi e femmine strumento del potere comunque maschile. Nella società dipinta da Kesey-Forman domina dunque il matriarcato presente in una performance subdola, sottostante al patriarcato, subalterna a questo, ma non per questo meno efficace. Se Kesey e Forman difficilmente possono essere considerati razzisti nella loro opera analizzata sulla sua base semantica oggettiva, senz’altro in entrambi vi è l’evidenziazione all’ingrandimento dei tratti negativi della figura della donna in generale, dipinta nei due poli opposti della castrante e della prostituta appartenenti ambedue unitamente con altri tipi del femminile all’insieme maggiore degli esseri umani stupidi. In questo quadro totalmente negativo e devastante della donna emerge come, dove Miss Ratched non riesca a spegnere la personalità, per come viene rappresentata, più potente e creativa del maschio con la sua opera ipocritamente disciplinare – come è evidente, la disciplina in realtà è in rilevante opposizione alla castrazione –, essa ricorra alla castrazione vera e propria, non direttamente del sesso, ma direttamente del cervello con la lobotomia. Una rappresentazione della donna, in Kesey e in Forman, che, consona al giudizio negativo e anche denigratorio della donna castrante, appare sconvolgente. Nel romanzo per altro non è Washington a dire che decideranno medici e infermieri se e quando lasciare uscire i degenti, bensì è la Ratched in una riunione con i pazienti. Il fatto che si tratti di Washington in Forman, l’inserviente dal nome della città statunitense presidenziale, la dice lunga sulla sua critica al governo degli Stati Uniti presentato a livello simbolico profondo come nido di usurpatori non democratici del potere. E per altro, questo in entrambi gli Autori, McMurphy non riuscirà a portare avanti la sua istanza di libertà, finirà anzi nel peggiore dei modi, lobotomizzato, azzerato per sempre proprio dalla decisione della Grande Infermiera castrante al servizio del potere maschile degli usurpatori.
Parallelamente alla descrizione catastrofica della donna emerge per contrasto e con grande evidenza, come accennato più sopra, la positività dei maschi una volta che riprendano in mano la gestione della loro personalità senza la guida o la coercizione delle donne, attraverso il libero uso della loro sessualità, una volta che non siano più vittime della donna castrante, una volta appunto che si siano liberati dalla castrazione operata dal femminile – vedi guida della nave, metafora dell’esistenza. Emblematico al proposito è anche l’esempio di Bancini, un paziente che sta sempre seduto e che afferma in continuazione di essere stanco senza mai dire niente di diverso. Ebbene, McMurphy si serve proprio di lui per un’azione richiedente non poca energia che per altro il povero Bancini possiede senza esserne propriamente consapevole. Allo scopo si pone a cavalcioni sulle sue spalle e si fra portare avanti e indietro per raggiungere in altezza il cesto del basket, così da fare vedere a Bromden, che ancora crede sordomuto come lo credono tutti quanti nel manicomio, Big Nurse e infermieri, medici per primi, quale azione debba compiere per mettere egli stesso la palla nel cesto. Non solo, quando McMurphy dice a Bromden di alzarsi e saltare per mettere la palla nel cesto, Bancini crede che lo stia dicendo a lui e salta in alto ripetutamente con tutto McMurphy in spalla: della stanchezza che lo esautora nel consueto dall’agire non c’è più alcuna traccia, spazzata via immediatamente alla prima stimolazione di un maschio all’azione solidale di gruppo. Addirittura, quando si gioca una specie di partita di pallacanestro con i pazienti, partecipa anche lo stesso Washington, il più tremendo degli inservienti neri, il quale gioca liberamente alla guida di McMurphy dimenticandosi per un momento di chi sia – o sia diventato – agli ordini della castrante Miss Ratched e assoggettato al sistema, segno ulteriore anche dell’infondatezza dell’accusa di razzismo di Kesey e segno invece di denuncia dell’organizzazione della società retta dal matriarcato strumento in negativo del patriarcato per così dire.
Non si può trascurare la presentazione del movimento del ’68 da parte di Forman nel suo film, ciò che non c’è ovviamente in Kesey, la cui opera risale al 1962, ben prima dell’adesione di Forman al movimento del ’68. Certo Forman vi aderì secondo l’apparenza mostrando la sua adesione molto visibilmente al Festival di Cannes del ’68 con il ritiro del suo film per protesta. Tuttavia Forman, nel film qui in analisi, non ha condiviso gli input più profondi del movimento: il giudizio positivo sui diritti delle minoranze, del popolo nero e sui diritti della donna, sull’emancipazione della donna, irrinunciabili nelle istanze del ’68. Se poi si considera il romanzo di Kesey, è veramente difficile considerarlo come un anticipatore del ’68, un suo precursore. Kesey fa dire all’omosessuale Harding, il quale pare saperla lunga sugli effetti delle donne castranti grazie alla relazione con sua moglie, pure una demolitrice della personalità maschile, ed è uno dei personaggi più intelligenti nel romanzo, gli fa dire appunto che si stava cercando sempre più di neutralizzare lo strumento principe e unico per la sottomissione della donna nella società: il pene. Il riferimento ai vari tipi di ricerca attorno agli anticoncezionali è evidente, alla pillola in primo luogo, anticoncezionali che avrebbero evitato come evitano attualmente alle donne di essere messe fuori campo da un unico semplice brevissimo rapporto sessuale con un uomo e dall’ingravidamento conseguente, ciò che in passato era appunto l’arma principe con cui il maschio dominava la donna, strumento utilizzato spietatamente vista la non rara morte delle partorienti e la condanna a morte per le donne che, abbandonate dal maschio e in preda alla depressione dopo un parto avvenuto in totale solitudine sociale e di cure, sopprimevano il neonato. Kesey considera nel suo romanzo l’uso del pene senz’altro come piacere, ma soprattutto come mezzo per sottomettere la donna, per tenerla sottomessa e non vede di buon occhio la liberazione della donna dalle gravidanze continuate, come si verificavano nel passato dove dominava il vero e proprio patriarcato – verso la fine del romanzo McMurphy, a fronte del suicidio di Billy Bibbit, usa violenza contro la signorina, mettendone a nudo così il corpo femminile senza pene, la differenza con il corpo del maschio e con la sua personalità. L’analisi messa in bocca a Harding pone già da sola una pietra tombale su di un Kesey precursore del ’68. Kesey precorse invece gli hippy, spese di fatto la sua voce per l’uso libero delle cosiddette droghe capaci di stimolare, secondo il suo giudizio, la creatività – i Merry Pranksters cui appartenne, gli Allegri Burloni con tutto l’autobus in giro per gli Stati Uniti non portarono niente di particolarmente positivo a nessuno e contribuirono soprattutto a propagandare il libero uso degli stupefacenti, questo sulla base oggettiva dei fatti dell’epoca e di quelli susseguenti nel tempo al tour in corriera. Tornando al ritiro di Forman dal Festival di Cannes nel ’68 per solidarietà con le idee intrinseche al movimento stesso, analizzando questo film emerge tutt’altro, questo nell’impostazione ideologica tipica di Forman che si tinge qui e là di opportunismo. Il ’68 è citato nel film per essere deriso dall’inserviente nero che si chiama Washington, così che, sul piano della metafora, sia il massimo organo di governo americano a irridere, per quanto indirettamente, molto evidentemente e pesantemente le dimostrazioni popolari reputandole frutto di non comprensione del reale stato di cose e soprattutto inutili, inefficaci a smuovere l’ordine costituito. McMurphy dunque, nel film, cita i sessantotto simbolici giorni che lo separano dalla fine del suo internamento e dall’inizio della riconquistata libertà, dalla conferma e consolidamento dei suoi diritti, ma viene irriso da Washington che gli dice come non abbia capito neanche dove si trovi, ossia in mano ai medici e agli infermieri del manicomio che decideranno loro stessi quando e se liberarlo. E i piccoli sessantotto giorni in cui Forman, non Kesey che ovviamente non può parlarne avendo scritto il suo romanzo nel 1962, sono in sé una patetica riduzione delle annate in cui si espresse il movimento di protesta del ’68. Così in Forman, che tuttavia, ricordiamolo ancora, si ritirò dal Festival di Cannes per solidarietà con la protesta sessantottina, azione che alla luce delle idee espresse nel film, come accennato, sembra più un atto di opportunismo che una posizione realmente sentita, ciò in quanto Forman del ’68 non salva niente nel film.
Un Leitmotiv non secondario del film è il continuo e anche perentorio ordine di stare fermi e seduti dato ai pazienti da Miss Ratched e dai suoi inservienti, dal personale del manicomio in generale. Essa vieta a chiunque di alzarsi, di mettersi in piedi, di ergersi in tutti i sensi, ordine di non ergersi che vale simbolicamente anche per l’ambito sessuale, potenza maschile che essa non può sopportare. Ad un certo punto Charlie Cheswick, interpretato da uno splendido Sydney Lassick, durante una seduta di cosiddetta terapia di gruppo che solo annoia e rende più depressi chiudendo ciascuno sempre più nei propri problemi irrisolti, terapia gestita da Miss Ratched che gestisce anche la piccola ginnastica per sé e per i maschi – una ginnastica per signorine prive di energia a quanto appare, non certo per maschi –, si alza per parlarle ed essa si infuria ordinandogli ripetutamente di stare seduto quasi perdendo il controllo di sé, ossia gli dice che potrà parlarle quando si sarà di nuovo seduto, quando quindi non avrà il diritto di stare in piedi, di stare eretto. Cheswick si siede e poi però si rialza e afferma di non volersi sedere e le dice anche di non essere un ragazzino, ossia presenta il rapporto con la castrante Miss Ratched come quello materno, rapporto che non vorrebbe più sopportare unitamente ad una terapia noiosa e inutile che secondo lui fa solo ulteriore danno alla personalità sua e dei malcapitati, una terapia che va solo contro la volontà dei pazienti e serve a sottometterli sempre di più e a togliere loro qualsiasi possibilità di recupero. Tuttavia si deve sedere di nuovo se vuole avere il diritto di parola, una parola quindi sottomessa, la quale unica ha diritto di essere espressa e ascoltata. Sia nel romanzo che nel film lo screditamento e l’irrisione dell’azione terapeutica attuata dalla gestione del ramo medico rappresentato dagli psichiatri è alquanto forte, il personale medico e infermieristico non si accorge neanche, come anticipato, che il pellerossa Bromden finge di essere sordomuto, ciò che provoca il disprezzo di McMurphy, quando viene a sapere della finzione di Bromden, e del pellerossa stesso. Viene irrisa la terapia analitica di gruppo, come già accennato, presentata come capace di aumentare il disagio e soprattutto la confusione in coloro che vi siano sottoposti. Durante una di queste sedute, dove Harding viene insultato dai compagni, viene messo in evidenza come la verità sui fatti propri possa emergere da un’analisi fatta dal soggetto individualmente, non assieme a persone anch’esse in analisi che non sanno nulla della situazione reale degli altri appartenenti al gruppo e solo posso irridere e offendere l’altro. Le terapie nell’Ospedale psichiatrico raggiungono poi veri e propri livelli tragici sia con l’uso cosiddetto terapeutico degli elettroshock sia addirittura delle lobotomie. Non riuscendo in nessun modo ad avere successo, possono solo rovinare il cervello dei degenti fino a distruggerne anche del tutto le capacità cognitive. Si tratta dunque anche di una denuncia di forte impatto contro i sistemi in uso nei manicomi e praticati dagli psichiatri, metaforicamente contro i governi che hanno bisogno, nelle pseudo democrazie o negli assolutismi, di persone senza cervello pensante.
Importante nel romanzo e nel film è la libertà di ridere, conculcata da Miss Ratched che vede in essa un segno di possibile non sottomissione – proibizione di ridere che verrà ripresa da Umberto Eco come tema centrale nel suo romanzo Il nome della Rosa.
Alla luce dell’analisi si conferma sempre più come l’argomento principale e centrale del film dunque, a livello profondo, sia non il governo comunista o americano o prima ancora nazista, bensì la figura della donna, presentata negativamente in tutto e per tutto, in quanto donna castrante e invidiosa della personalità dei maschi, della loro creatività, o donna priva di moralità, o buona eventualmente solo per il sesso come nel caso delle prostitute e comunque sempre non intelligente.
Venendo ora ad altri dettagli comparativi tra romanzo e film, in Kesey Miss Ratched perde ad un certo punto la possibilità di parlare, ossia viene zittita dalla violazione del suo corpo perpetrata da McMurphy, ossia basta l’atto sessuale del maschio per zittirla per sempre. Continuerà tuttavia a governare scrivendo di volta in volta i suoi ordini su bigliettini, in un esercizio del potere più in sordina per così dire, ma sempre in vigore nella repressione. In Forman McMurphy non riesce a strozzare Miss Ratched come avrebbe voluto, né a toglierle la voce, ciò con cui Forman attenua la ribellione contro di essa. Nel film sembra che essa sia diventata migliore dopo l’attacco subito da McMurphy – sorride dalla sua stanza ai pazienti e sembra quasi buona, sembra, in quanto il successivo ordine di lobotomizzare McMurphy non lascia dubbi sulla vera realtà delle cose. Essa riesce di fatto, nel romanzo e nel film, a farlo lobotomizzare, a fargliela pagare a caro prezzo: il ribelle è stato messo a tacere per sempre. Dopo la lobotomizzazione di McMurphy il potere negativo della donna continua dunque ad esistere ed ha anzi la sua massima punta.
Un ulteriore dettaglio interessante riguarda la fuga di Bromden dal nido del cuculo. Nel romanzo l’idea della fuga non è di Bromden, ma di Scanlon, un paziente che, dopo l’omicidio che Bromden perpetra nei confronti di McMurphy per non lasciarlo nell’Ospedale come un deficiente, gli consiglia di fuggire per evitare le ritorsioni di Miss Ratched e gli dice anche come debba fare: mettendo in pratica il tentativo fallito di McMurphy tempo addietro di sollevare il blocco della rubinetteria, ossia di cercare di sollevarlo seguendo il suo esempio e di scagliarlo contro la rete di ferro per aprirla. Nel film l’idea è direttamente di Bromden che realizza l’insegnamento di McMurphy, anche se la fuga dal manicomio non cambierà la realtà del manicomio e neppure la alleggerirà, non si tratta dell’inizio di una qualche rivoluzione sociale o almeno di qualche cambiamento all'interno del sistema – dopo il crescendo musicale ritornano alcune note del walzer lento dei titoli di testa che introducono il film, il crescendo maestoso che accompagna la trasgressione del pellerossa svanisce così nel nulla, anzi svanisce nel ripristino dell’atmosfera dell’inizio del film, annunciata nei titoli di testa. Si tratta di un’aria triste, lentissima che, performata da Jack Nitzsche tra l’altro per mezzo di uno strumento musicale fatto di bicchieri d’acqua, ricorda il tremulo del theremin, un tremulo che quasi pare non abbia forza di sussistere tanto è debole. Dopo il riapparire dell’aria iniziale alla fine del film, seguono titoli di coda nel silenzio di ogni suono e su sfondo nero che, nello specifico contesto filmico, rafforzano la mancanza di segni di vita come uno scorrere luttuoso di nomi. Sul piano simbolico, Bromden fugge dirigendosi verso la boscaglia, non verso una città o visibili case, gruppi di umani inquadrati nelle comuni strutture architettoniche sociali, non si vedono le case né le automobili che si vedono dalla finestra dell'ufficio del medico capo del manicomio mentre riceve McMurphy appena arrivato dal penitenziario e verso le quali potrebbe dirigersi nel finale non preferendo lo scomparire nella boscaglia. Fugge invece rientrando nella natura selvaggia simbolo di quella del Canada di cui ha un ricordo intensamente nostalgico. Unica salvezza quindi dal manicomio emblema della società cosiddetta civile è in Forman il ritorno e il rifugio nella natura e nelle sue leggi, ciò che è un rifiuto della civilizzazione per come è stata conseguita dall’umanità e si rivela comunque come irrealizzabile – la figura di Bromden pare dissolversi man mano che si avvicina alla boscaglia. In altri termini: nulla è cambiato al di là di qualche illusione suscitata dalla presenza di McMurphy, ossia da un lato Forman dà qualche speranza, dall’altro e tra l’altro l’inizio e il finale del film indicano la permanenza dello status quo, di un nulla di fatto possibile per cambiare la situazione. Con ciò viene data ragione della prima immagine simbolo dell’umanità che popola l’Ospedale: il già citato disegno che raffigura una persona senza identità. Tuttavia, mentre nel finale del romanzo vi è un cenno al fatto che tutto l’Ospedale stia dormendo e si disinteressi di una eventuale fuga visto che questa nulla potrebbe cambiare nell’ordine costituito – Kesey è coerente nella sua posizione ideologica radicalmente anarchico-pessimistica –, nel film il finale è diverso, in apparenza, come anticipato più sopra, contraddittorio nelle idee espresse, coerente se l'analisi penetra nella semantica più profonda. Certo, sia all’inizio che alla fine sta l’immagine dei pazienti che dormono, ma nel finale di Forman il paziente Taber – il cui nome pronunciato diviene simile a tabor, piccolo tamburo – accompagna la fuga e la trasgressione di Bromden, che è riuscito a sollevare il blocco di pietra, con un’esplosione di gioia nelle sue urla che termina in un’espressione di seria autoconsapevolezza di poter ancora fare qualcosa contro l’autorità del manicomio, del sistema, di speranza per quanto difficile a realizzarsi, come l’interpretazione straordinaria di Christopher Lloyd evidenzia. Nel romanzo si legge che un messicano dà un passaggio a Bromden, ma si legge anche che dopo di ciò Bromden farà l’autostop per raggiungere il Canada, per vedere che cosa ne sia stato del suo gruppo di pellerossa, non per altro, mentre nel film Bromden solo scompare nella boscaglia, simbolo di un ritorno alla natura che, ribadendo, è come un rifiuto della civiltà dei bianchi, scomparsa che è una sparizione dalla scena, una evanescenza del personaggio, una sua perdita di corpo, come una sua cancellazione. Un finale questo in Forman double face per così dire: dà una speranza in una specie di umanizzazione di Miss Ratched che è tuttavia solo apparente; dà ancora una speranza nel grido di gioia di Taber, che resta comunque nel suo letto senza seguire Bromden; dà una speranza quando si destano altri pazienti al grido di Taber, ma questi non si muovono dai loro letti e restano sonnacchiosi, nonché sorridono o sono lievemente sorpresi, quasi ignari di quanto stia succedendo, si destano sì, ma in un semi dormiveglia quasi inconsapevole, ossia non sono più nel sonno profondo con cui sono presentati all’inizio del film, tuttavia non si muovono appunto neppure essi dal letto dove stavano dormendo tranquilli, di nuovo nello stile double face di Forman, come se desse un colpo alla botte e uno al cerchio. La stessa musica maestosa che accompagna lo sforzo di Bromden non è foriera di alcunché di maestoso o di importante come potrebbe sembrare e anticipare, bensì risulta di effetto sentimentale, ossia nulla cambia, solo si verifica una fuga dal manicomio che lascia le cose come stavano nel sistema, e che conduce solo alla nostalgia per tempi ormai trascorsi, come anticipato: la suggestiva maestosità dell'accompagnamento musicale si rivela risibile a fronte di ciò cui prelude, il nulla di ogni possibilità di cambiamento nello stato delle cose.
Se si dovesse prendere sul serio la maestosità espressa dalla musica che accompagna la trasgressione di Bromden nel film, si dovrebbe ritenere che Forman non si sia reso conto dell’incongruenza tra musica eroica e fine nel nulla di Bromden vista la sua evanescenza nella boscaglia accompagnata dalla musica depressiva che segue la maestosità tanto solenne e che accomuna inizio e fine del film non lasciando spazio ad alcun cambiamento sostanziale, tra l’altro anche l’urlo di Taber, inserito da Forman nel suo film, potrebbe corroborare la tesi dell'incongruenza. Più in profondità le cose appaiono diverse: Forman ha sferrato – o avrebbe sferrato – consapevolmente o anche inconsciamente un attacco irridente e satirico a tutto campo contro le illusioni di grandezza del genere umano. La musica eroica che non porta a nulla di consistente, l'urlo di Taber che resta a letto sarebbero allora solo illusioni risibili, che falliscono lo scopo di superare le leggi di uno o l’altro sistema di potere. Nel prendere atto della doppia ottica presente qui e là nel film di Forman, l’interpretazione riguardante la satira corrosiva risulta essere la prospettiva che dà piena coerenza al messaggio insito nel film, la quale regge più di quella di superficie dove si identificano positività frammentate in contrasto fra di loro, prospettiva che appiana le incongruenze che si riscontrano se si interpreta il film solo sul piano di superficie. Corroborano tra l’altro la tesi esegetica della satira che nulla salva nel film: la presenza di un matriarcato incrollabilmente alleato del dominio e del potere maschile e ad esso sottomesso; il ripristino dell’ordine costituito nel manicomio-sistema con ferrea repressione dopo qualche cenno di ribellione o pseudo ribellione; la presentazione di un ’68 altrettanto patetico e inutile di quanto lo sia la musica maestosa che accompagna il nulla di ogni tentativo di cambiamento; la definitiva messa fuori gioco del ribelle, un ribelle da poco visti gli effetti della sua ribellione; la scarsa partecipazione degli internati ad una vera e propria ribellione, ad una vera e propria volontà di cambiamento quasi siano contenti di stare dentro un tale sistema; il disinteresse al superamento dello stato di cose che li vede imprigionati e considerati pazzi pur non essendo tali o non essendolo più di tanti cosiddetti normali – quasi tutti i pazienti possono andarsene quando vogliano, stanno nel manicomio-sistema perché ci vogliono stare, perché stanno bene nel non avere responsabilità, perché i trattamenti somministrati dai medici del manicomio li hanno resi domi, sottomessi. In base all’analisi del film e del romanzo, il titolo, ossia che uno sia volato oltre il nido del cuculo, in questa ottica congruente, sintetizzante le varie idee rappresentate nel film, si rivela come sintesi di una satira senza speranza per l'umanità – Bromden torna libero per andare comunque dove ci saranno inevitabilmente altri cuculi a usurpare il nido degli aventi diritto –, satira che in Kesey, al livello semantico profondo del uso romanzo, sfocia in una posizione ideologica di ribellione dalla tonalità anarchica – di cui McMurphy è un rappresentante o il rappresentante. Tonalità anarchica che in quanto tale è impossibile a sostenersi, a realizzarsi, dal momento che non è possibile non essere inseriti in uno o l’altro sistema di potere e di fatto Bromden non fugge per instaurare un impossibile sistema anarchico o un sistema che possa sostituire quello da cui è fuggito, ma solo se ne va per ritornare sentimentalmente e nostalgicamente al suo passato. Satira che in Forman sfocia in una accettazione di uno o l’altro sistema di potere come mali inevitabili.
Molto significativamente nel romanzo Bromden cerca di mettersi in testa il berretto di McMurphy, che però non gli va bene, ossia, anche se realizza la modalità di fuga progettata vanamente da McMurphy, non ne porta avanti l’istanza di ribellione perché essa non è nelle sue mete e possibilità concrete. Interessante è anche il fatto che nel film McMurphy sembra quasi non voler lasciare i suoi compagni di sventura da soli e di fatto si addormenta ubriaco proprio quando dovrebbe essere in massima all’erta per poter fuggire. C’è un altro personaggio che esce dal manicomio, si tratta di Turkle che nel romanzo apre la finestra e se ne va con la prostituta, tuttavia la sua non è una ribellione né propriamente una fuga: è stato licenziato in tronco e se ne sarebbe dovuto andare comunque, ossia non si ribella e non cambia nulla nel sistema di cui faceva parte come inserviente, anzi custode, per chiarire: non vola oltre il nido, viene espulso dal nido – nel film viene detto da Turkle stesso che sarà ormai licenziato e che se ne dovrà andare via, così come appunto se ne andrà. La ribellione di McMurphy solo porta un po’ di vivacità e confusione, suscita qualche speranza nel manicomio-sistema, che svanisce in quanto l’ordine viene ristabilito e tutto torna esattamente come prima della festa di addio che avrebbe dovuto precedere la fuga dello stesso, festa trasgressiva cui segue la lobotomizzazione del ribelle, di McMurphy, la sua fine insanabile.
Per concludere: abbiamo cercato di dare ragione della frammentata, complessa e molto interessante semantica di questo film con comparazione con il romanzo cui il film fa riferimento, mettendo in evidenza i dettagli principali su cui si costruisce la denuncia che emerge dalle opere stesse, soprattutto la denuncia, centrale alle due opere, del ruolo della donna nel nuovo matriarcato che si è infiltrato sotto il dominio maschile nella società divenendo un suo strumento di potere. È stata identificata la prospettiva centrale stante alla base delle due opere, della visione del mondo dei due Autori, in entrambi senza speranze né illusioni di progresso e di miglioramento sociale e politico di alcun genere, visione che si identifica nel rifiuto non propositivo dei sistemi di potere da un lato e nell’accettazione dei sistemi di potere dall’altro, per quanto negativi comunque considerati insuperabili – di fatto nulla viene proposto nel film come anche nel romanzo per superare concretamente e al di là della sola critica negativa di tutti i regimi lo stallo in cui si trova a vivere l’umanità retta da governi assoluti o pseudo democratici.
Così in questa analisi critica del significato dell’opera di Forman in comparazione con il romanzo di Kesey da cui deriva il film.
Rita Mascialino
Bibliografia
Kesey, K., Qualcuno volò sul nido del cuculo. Milano: bestBUR: Trad. di Bruno Oddera: 2017.
(Dalla serie di dodici opere dedicate a Rita Mascialino dall'artista friulano MARINO SALVADOR
333 9732672